Marta Martinelli attrice
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Le storie di Sherazade

LA PAROLA CHE SALVA LA VITA
​-Forse un blog-
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Come Sherazade, che ebbe salva la vita raccontando fiabe al Sultano,
percorro le mille e una notte della (mia) vita
con parole che salvano.

4/1/2025 0 Commenti

FEMMINILE SINGOLARE-Uno spettacolo di donna

Per un tempo lunghissimo sono stata totalmente cartesiana, fieramente occidentale, ostinatamente cerebrale: lo confesso. Assolutamente convinta della totale separazione tra essere e non essere, res cogitans e res extensa, bene e male, sacro e profano, maschile e femminile. Dove "e" sta per "oppure". Disgiunzione.

La "vita agra" si è invece sempre presentata a me come più complessa, più articolata da come io ero in grado di percepirla. E non mi andava bene così, intendiamoci. Ma per sopravvivere nel dolore occorre tanta semplicità e onestà: energie che non potevo permettermi, impegnata com'ero a boccheggiare, a catturare quel centimetro cubo di ossigeno per la sopravvivenza.
​
Ma ecco, (come un orribile miracolo, come una dolce bestemmia), la vita ostinata ha continuato a ripresentarsi a me nella sua complessità e intensa unione e correlazione di significanti e significati: e pian piano, nella lotta, ho imparato ad accogliere quella mistica mescolanza di bianco e nero che è il grigio. Ho abiurato le mie madri e ucciso i miei padri, ho instillato il dubbio nella mia solida certezza ragazzina, ho coltivato erbacce nel prato fiorito della mia innocenza ed ecco, come un fiore raro, ho accolto anche il femminile.

Si fa un gran parlare di femminilità e femminile, patriarcato, quote rosa, donna, femminicidio: temi attuali, tanto contemporanei quanto, a me pare, a volte, svuotati di contenuto. Sono -a volte- queste parole contenitori di contenuti: sono spiegate male, confuse, e a volte finiscono con l'essere provocazioni che presto o tardi cadono nel vuoto. Non agiscono nella realtà, non cambiano lo status quo. Non sono, come nella profondità del teatro e della vita, "verbo che si fa carne".
​Accolgo questa nuova prospettiva lentamente, recalcitrando ma alla fine arrendendomi: penso che non si possa parlare di femminile (metteteci la parola che volete) senza comprendere contemporaneamente nel discorso il maschile. Ho scoperto che quella zona grigia, quel mischiarsi del sacro e del profano, del maschio e della femmina è per me interessante.
Occorre, credo, cominciare a pensare alla relazione del femminile CON il maschile per ragionare in modo fertile. Occorre avere il coraggio di ammettere che la res cogitans è relazionale con la res extensa, che il bene è fatto anche di male, che nel profano ci può essere il sacro.

In questa riflessione, perlopiù inconsciamente, nasce il mio spettacolo FEMMINILE SINGOLARE; scritto in collaborazione con Benedetta Zanardi, lo spettacolo è costituito da un mixage di serio e aceto, di sacro e profano, di femminile e maschile. Ma certo, me ne sono accorta dopo! Lavorando sullo spettacolo, scrivendo, interpretandolo quella nuova visione non più disgiuntiva ma "congiuntiva" tra le "dicotomie dell'essere" si è incarnata sulla scena. Perchè si era già incarnata in me.

Tutte le 8 (e più!) donne a cui dono voce e corpo nello spettacolo SONO RELAZIONE CON IL MASCHILE. E le relazioni sono di genere diverso! LISISTRATA si pone in relazione oppositiva con il maschile, ricattandolo ma contemporaneamente donando il valore del maschile agli uomini a cui si rivolge. Nel pezzo "Perchè non parli?" la moglie si chiede se sia proprio necessario "doverlo capire per forza" questo marito silenzioso come il Mosé: una relazione affettiva ma anche conflittuale. Nemmeno ROSALBA che aiuta con il suo call center le mogli che hanno problemi con i loro "prodotti-coniugi" è puramente derisoria del maschile. Anzi! Scherza su quella particolare attitudine di alcune donne di denigrare il proprio uomo (perchè è grasso o pelato!). MARIA MADDALENA ha bestemmiato e sconvolto la divinità del Cristo, nella sua carne ha corrotto la purezza ma per lascare entrare l'umanità salvata che l'uomo Gesù porta. MARTA E MARIA di Betania sono nient'altro che due coniugi che battibeccano sul proprio valore: "Qua faccio tutto io!" e "Tu invece non sei affettuoso!".
Insomma, senza che me ne accorgessi, ho prodotto con Benedetta Zanardi uno spettacolo che afferma con forza che per essere donna, per essere sè, per ESSERE bisogna anche NON ESSERE: accogliere la complessa relazione con il maschile, con il sacro, con il buio, frequentare il grigio e cercare, per una volta, di essere meno cartesiani e più reali.
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3/24/2025 0 Commenti

Io sono Sherazade-NELLA BOTTEGA DEL VECCHIO CLOWN

10 dicembre 2024
La casa strabordante di panni, scenografie vecchie, polvere e minuterie d'ogni sorta. E quel sorriso bonario, accompagnato da quel naso (disegnato dagli angeli?), quel naso! Quel nasone buffo e rugoso che pur senza trucco rosso e biacca restituivano a Sherazade la gioia e la pena del vecchio clown.
Sherazade aveva attraversato con la sua piccola auto color sabbia l'intera città per raggiungere la bottega del vecchio clown. E ora, accolta nell'antro magico dell'artista, aspettava che le parole sacre, le parole della vita, le parole necessarie e urgenti calassero dalla bocca del vecchio pagliaccio. "Vieni. Accomodati." Tutto qui. Sherazade, bambina insatura delle mille storie, si siede su un tappeto consunto, davanti a un vecchio schermo dal tubo catodico. Accanto a lei il clown, l'artista, colui da cui Sherazade attendeva parole vive e vere. Il registratore ingoia una vecchia videocassetta e proietta le immagini dei Fratelli Marx. "Tutto qui? Un viaggio di tre ore per rivedere vecchi film?". Questo pensava Sherazade, l'insatura bambina.
Ma i suoi pensieri vengono infranti da uno scoppio fragoroso: il vecchio clown si tiene la pancia dal ridere, sbofonchia e fa ondeggiare il suo meraviglioso naso, preso dai singulti del riso. Forse per l'assurdità della situazione, forse per le risa fragorose del vecchio clown anche Sherazade comincia a sorridere, poi a ridere, poi anche lei si sbellica in preda al riso convulso.
Dopo 3 ore e diverse videocassette il sole tramonta tra i palazzi. Il vecchio clown saluta Sherazade, accompagnandola alla sgangherata porta. Sherazade risalì sulla sua piccola auto color sabbia, certa di aver partecipato alla più grande lezione di teatro e vita. Nessuna parola, nessun conforto, nessuna elucubrazione intellettuale: un vecchio clown che mostra a un piccolo clown insaturo l'arte dei grandi clown. Tutto qui.
CHIOSA AL TESTO: In questo momento della mia sgangherata carriera lavorativa sono alla ricerca di nuovi maestri: persone che abbiano l'urgenza e la necessità del fare teatro ma soprattutto che desiderino condividere, "fare rete", ragionare su ciò che la contemporaneità chiede a noi teatranti. Non posso più sopportare l'autoreferenzialità, la scarsa lungimiranza, l'autocompiacimento che abita il settore teatrale come un cancro. E così chiedo, a chi lo desidera, di farsi vivo. Io sono Sherazade, la bambina insatura, con mille e non più mille storie da raccontare, se il Sultano le vorrà ascoltare.

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